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La grafologia rappresenta lo strumento per leggere la personalità di un soggetto, il suo carattere, il suo temperamento, la modalità di rapportarsi con gli altri, di reagire agli eventi ed all’ambiente, la sua capacità di adattamento o disattattamento, le sue predisposizioni, siano esse di tipo logico, deduttivo, analitico, o invece creative ed artistiche come appunto può essere la musica.
Segno Scattante
La scuola italiana Morettiana chiama il segno musicale o della predisposizione artistica “Segno Scattante”, esso rappresenta il segno sostanziale della volontà, intesa come impulsività e passionalità e indirettamente dell’intelletto, un intelletto che fonda le sue radici nella creatività.
Il segno Scattante fa parte di una scrittura rapida, con evoluzioni spesso particolari ed artistiche, presenta degli scatti, è originale, particolare, e tende a ricreare le forme grafiche del fonema secondo un’impronta molto personalizzata.
Allo stesso modo rappresenta come segno anche lo scatto dell’ira, lo scatto dell’entusiasmo, lo scatto dell’altruismo, lo scatto della vendetta.
Padre Moretti sosteneva che: “Chi ha questo segno fa molte cose tanto in bene come in male, che non farebbe se fosse diretto dal giudizio e dal ragionamento posato. Chi ha questo segno è colui che è preso dalla passione ed è vinto dalla medesima, per cui devono applicarsi a lui delle grandi attenuanti”.
Sempre seguendo le indicazioni del padre fondatore della scuola italiana, il segno Scattante è indice di arte in genere molto complessa, che sfocia nella drammatica, nell’epica; quando va congiunta con disuguale metodicamente allora indica tendenza all’arte fondata sull’armonia delle parti (genio musicale che ha la ricchezza della composizione).
Quindi, secondo Moretti, per la predisposizione alla musica in genere, è necessario il segno scattante con Disuguale metodicamente, cioè con delle disuguaglianza che ritornano periodicamente, con metodo e modalità ripetitive.
La scrittura diseguale metodicamente che invece sia poco Scattante o non lo sia affatto è indice di musica melodica, tendenza e abilità a questo tipo di attività artistica.
Sempre secondo Moretti, il soggetto che ha lo scatto disordinato senza il disordinato metodico non ha originalità per la musica, ma la sente e la gusta.
Esempi di scrittura
Così come le note possono essere lette dal musicista e trasformate in suono, i grafemi di uno scritto sono simboli che parlano all’esperto di come è lo scrivente, e permettono una chiave di lettura del modo di essere di una persona.
Proprio come la musica rende irripetibile e unico l’artista, così la scrittura ci fa unici ed al tempo stesso diversi gli uni dagli altri.
Ma proviamo ad analizzare la scrittura di alcuni artisti, che sono stati sicuramente nella storia degli elementi geniali come musicisti, come quella di Wolfgang Amadeus Mozart, Giacomo Puccini e di Ludwig van Beethoven.
La scrittura di Mozart
In Mozart la scrittura evidenzia non solo il talento musicale innato, ma anche lo struggimento conseguente all’aver dovuto attivare ed esprimere questo talento in maniera estrema, assoluta e totale.
Sappiamo dalla sua biografia che il piccolo Amadeus fu precocemente spinto alla musica dal padre, che ne aveva intuito la genialità,’ sfruttandola soprattutto in senso economico, ma che però non tenne conto della sua personalità, della sua labilità’ emotiva, che creava seri scompensi nella stabilità’ dell’umore.
La scrittura ci porta a conoscere Mozart nella sua umanità’.
La personalità’ di Mozart si basa su una natura particolarmente sensibile, socievole ed adattiva, in essa si notano dei tratti estroversi, che lo portano alla dipendenza e al bisogno di consenso altrui, lo si nota soprattutto dall’inclinazione Pendente della scrittura.
L’ipersensibilità’ non garantisce all’IO la forza d’urto necessaria ad affrontare autonomamente la realtà’, e la bassa soglia di tolleranza alla frustrazione lo rende facile preda alle emozioni; nasce così una dicotomia tra talento e natura, ossia tra creatività intensa e geniale ed un carattere ed una personalità irrequieta, instabile, facilmente in preda ad ansia ed emotività anche con esplosioni impulsive ed imprevedibili.
I segni grafologici principali che stanno alla base di queste caratteristiche sono la pressione leggera e ineguale, l’angolosità’, la fluidità’ e la presenza di macchioline d’inchiostro sparse ovunque sul tracciato, sintomo di una forte iperemotività.
Sollecitato più’ del dovuto, travolto da una vita faticosa, Mozart trova nel sogno a occhi aperti non solo l’ispirazione musicale, ma anche fughe evasive in un mondo fantastico, tipiche di chi si sente troppo “compresso” (alcuni svolazzi nella scrittura, specie in fine di parola).
Di carattere dolce e generoso, dotato di modi aggraziati e cordiali, egli passa con tempestività’ sbalorditiva ad atteggiamenti spavaldi, anticonformistici, sprezzanti e pungenti (segni di scorrevolezza verso destra e segni di spigolosità’).
Sensibile e bisognoso di comunicare, si lascia facilmente travolgere dall’emozione, riuscendo così’ a mescolare atti di tenerezza sensuale ad altrettanto intensi atteggiamenti di indifferenza e orgoglio ostinato.
Non potendo ribellarsi all’autorità paterna, reagisce ad essa diventando beffardo, umorale e capriccioso, spesso rabbioso, sfida il mondo adulto con provocazioni continue (dimensioni ridotte della scrittura, gesto aggressivo e con allunghi eccedenti).
La grazia dei modi lo porta ad avvicinarsi al mondo femminile con sensibilità’ ma anche con spensieratezza, in modo giocoso.
Ama intensamente chiunque sia legato alla sua musica, suo unico, vero e grande amore (scrittura pendente verso destra, assi letterali paralleli, legamenti originali, cura del gesto).
Mozart soffre di complessi di inferiorità’, probabilmente anche fisici, che compensa poi con l’arroganza, conscio di avere dei talenti fuori dal comune (andamento spavaldo delle parti alte delle lettere, stentata).
Smanioso di dare il massimo, di essere primo davanti a tanti altri, egli cova il seme della competizione. La sua psiche è scossa dal lavoro febbrile e stressante, le energie sono investite all’accesso (tremolii, stentatezze, impazienza ed evanescenza delle lettere).
La malinconia e lo scoramento cui il musicista va soggetto sono la risposta al fatto che non sempre riesce a sopportare la fatica, a far fronte agli impegni, a tollerare disagi fisici e psichici che l’attivita’ gli impone.
L’alternarsi di momenti di euforia a momenti di malinconia porta Mozart a perdere l’obiettività e, di conseguenza, a essere sempre più dipendente e bisognoso di aiuto.
La firma di Mozart.
Il cognome davanti al nome nella firma indica come per Mozart fosse importante la paternità, o per meglio dire era importante la sua provenienza ed estrazione (il padre era anch’esso musicista) con un ruolo ben definito alla corte della nobiltà, senza il suo cognome, cioè il suo legame famigliare, neanche la persona di Wolfgang Amadeus sarebbe esistita; questo è quello che pensa il genio musicale e che teme più di ogni altra cosa.
I suoi timori più profondi dunque si ritrovano nella firma, nella rappresentazione dell’Io sociale e pubblico, cioè la parte esposta della persona alla pubblica osservazione, ammirazione ma anche critica e giudizio.
Le sottolineature, che però’ si trovano solo sotto al nome(e che discendendo prendono il posto del cognome/padre), suggeriscono il grande desiderio, probabilmente frustrato, di affermare se stesso come individuo, come persona, come l’individuo che realmente era, ben lontano dal personaggio pubblico che appariva nella società.
La “M” appuntita verso l’alto e con la prima gamba più’ alta indica ambizione, desiderio di essere ammirato, ma anche lealtà’; la “M” prende avvio con un angolo quasi chiuso rivolto a sinistra (la parte che rappresenta il passato, la famiglia, le origini ma anche il desiderio di ritornare alla spensieratezza dell’infanzia, probabilmente vissuta poco per gli impegni musicali) quest’angolo tenta di trattene qualcosa, un’affettività mancata, che rappresenta comunque dolore e angoscia (ricordi dolorosi, traumi), infatti il riccio crea un angolo ben appuntito che indica proprio tale direzione.
Il tratto della “t”, che alla fine della lettera viene portato in alto, terminando con un riccio (in basso), rivela il temperamento artistico, creatività che si ritrova anche nei paraffi che abbelliscono la firma e creano delle evoluzioni molto fantasiose.
La scrittura di Puccini
La prima grafia fatta di allunghi, angoli spesso acuminati, di una certa rigidità anche mentale non sembra appartenere a un musicista creativo, è una tipica scrittura “pensiero”, meno creativa, ma molto emotiva.
Puccini si dice fosse un seduttore accanito, probabilmente per questo motivo faceva morire tutte le donne protagoniste delle sue opere (perché non voleva mantenere un impegno con loro), spendeva tutte le sue energie nel corteggiamento e nella fase iniziale, ma poi non era costante nel mantenere una relazione stabile con le donne, lo stesso vale con la consorte Elvira con cui ebbe una relazione piuttosto burrascosa.
Si nota una certa distinzione nella firma, l’eleganza è insita in lui, non è imposta, è una sua distinzione interiore.
La scrittura nel suo insieme è elegante, amante delle cose belle sapeva sempre come comportarsi, aveva una buona capacità di capire l’altro, di “entrare” dentro l’altro, sempre capace di dire le cose giuste.
A volte la scrittura diventa stentata faticosa, stecchita, sintomo di una fortissima emotività, e quella di Puccini era un’emotività particolare, era molto selettivo, caparbio, ma troppo volubile; quando decideva di comportarsi bene era un gran signore, altrimenti era capace di essere molto severo, intransigente, uno che non perdona.
La scrittura è intuitiva, la firma è aperta, accogliente verso gli altri, apertura totale, flessibile, ci sono dei momenti di chiusura, fino a renderlo capace di diventare spietato, c’è comunque voglia di entrare in contatto con gli altri, il bisogno degli altri dedotto da una Pendenza della scrittura che in certi momenti (vedi la prima grafia) diventa importante ed ossessiva.
Scrittura ermetica, poco leggibile, il suo vero io era probabilmente una cosa che riservava soltanto agli intimi amici, selezionati non solo per il forte senso critico ma dotati di tanta pazienza per tollerare le sue imperiosità e prepotenze.
Puccini era un uomo intrigante, non aveva bisogno di tante donne, erano le donne che gli facevano la corte, attratte dal suo fascino, ma non era facile all’innamoramento, nonostante fosse un passionale; ha vissuto sicuramente l’amore, ma non era un “don Giovanni” come veniva invece descritto, era, invece, il classico “tombeur des femmes” con un forte ascendente sulle donne di cui sapeva approfittare.
La creatività di Puccini la troviamo nella sua firma, nel suo Io sociale, dunque non è un genio della musica, non è la scrittura dell’artista; per produrre le sue opere doveva sentirsi molto coinvolto e ispirato, avrebbe potuto essere un bravissimo scrittore, un bravo narratore, non era un musicista ma la sua conoscenza in materia gli permise di raccontarla bene.
Sicuramente era un personaggio asociale, intollerante, ma aveva comunque bisogno di esprimersi, da persona criptica qual era lo faceva soltanto attraverso delle metafore, esprimendo quello che provava nel profondo attraverso codici diversi di comunicazione diversi dal linguaggio, e la musica era il suo modo per comunicare, per trasmettere il suo mondo interiore.
La scrittura di Beethoven
Qui di seguito viene presentata l’analisi grafologica di Ludwig van Beethoven (1770-1827), pubblicata dal tedesco Ludwig Klages (padre fondatore della scuola grafologica tedesca).
Le grafie che seguono si riferiscono a due momenti storici diversi, la prima, definita dal grafologo Klages scrittura d’affetto, risale a tre anni prima della morte dell’autore, notevolmente diversa dal suo ductus normale, la seconda è legata invece agli anni centrali della sua vita.
Scrittura “d’affetto”
Considerando l’esempio di scrittura “d’affetto” non ci sono dubbi sullo stato di grande agitazione dello scrivente durante il periodo della stesura della stessa.
L’aritmia persistente, le righe ondeggianti e prevalentemente ascendenti, le frequenti forme tremolanti (le cosiddette fratture atassiche nella conduzione del movimento), le aggiunte e le correzioni supplementari che rendono poco chiaro il testo corretto, avallerebbero questa ipotesi anche senza aver visto altre prove dello scrivente.
Confrontando con tale scrittura la seconda, sembra impossibile respingere la convinzione che, a prescindere dagli influssi di un’emozione dolorosa, nel frattempo anche la vitalità dello scrivente abbia perduto straordinariamente di pienezza, forza, elasticità, delicatezza e omogeneità.
Ductus “normale”
I suoi fluidi – quelli che Klages chiamava “Lebensfeuchte”: linfa vitale – secondo il grafologo sarebbero in gran parte scomparsi e, il conseguente, inevitabile aumento della grossolanità, evidenziato nella prima grafia, avrebbe fatto emergere in modo più nitido determinate caratteristiche biologicamente negative dello scrivente.
Pur essendo state sempre presenti, esse non sarebbero emerse prima con tale chiarezza poiché si sarebbero confuse con caratteristiche biologicamente positive, il cui effetto da allora sarebbe andato affievolendosi.
Beethoven viene descritto da Klages come un uomo che, spinto incessantemente da uno stimolo interiore, non sopporta alcun vincolo né inquadramento, di cui anzi non ne comprenderebbe la necessità e, al tempo stesso, è considerato assolutamente privo della risolutezza che gli consentirebbe di eliminare i fastidi, trovandosi così assolutamente indifeso di fronte alla vita esteriore.
Pur senza essere particolarmente aperto alle impressioni, egli appare sempre impensierito, disturbato, infastidito.
Sarebbe continuamente esposto al rischio di soccombere a tali sensazioni in modo avventato e irriflessivo, con un’impulsività esuberante, rischiando di precipitare in un’instabilità ormai non molto lontana dalla disperazione.
Nelle sue pagine egli non cita alcuna Sindrome Grafologica per avallare le sue affermazioni, ma possiamo accogliere tali sue asserzioni attraverso la seguente combinazione: Impaziente, Scattante, Confusa, Intozzata II modo, Aggrovigliata, Disomogenea nell’Inclinazione.
Oppure sceglierebbe la scappatoia di una decisa inavvicinabilità e di una diffidenza che non intende ragione (Calibro Piccolo, Contorta, Acuta, Intozzata II modo).
Nei rapporti interpersonali un simile carattere, come sottolinea Klages, è estremamente suscettibile, vulnerabile, irritabile, oscillante e imprevedibile (Angoli A-Acuta, Contorta, Pendente, Non Omogenea nell’inclinazione, Disordinata, Scattante).
La sua intrattabilità, che sta in guardia sovente e senza motivo (Contorta, Aggrovigliata), si alterna a una mitezza confinante con il sentimentalismo e che sarebbe senz’altro più appropriato definire autocommiserazione (Intozzata II modo, Calibro Piccolo).
Non mancherebbero inoltre le illusioni e gli autoinganni (Intozzata II modo, Angoli A, Largo tra Parole, Pendente, Aggrovigliata, Confusa, Calibro Piccolo).
Lo scrivente viene descritto da Klages come privo sia della dote che della volontà di esaminare la propria essenza in modo imparziale, vincolato ad un sistema pulsionale pericolosamente allentato (Pendente, Scattante, Disordinata, Disomogenea nell’inclinazione), il suo coraggio della verità sembrerebbe arrestarsi dinanzi alla propria intimità.
Nell’analisi proposta, Klages premette che il motivo più plausibile per spiegare perché lo sviluppo del carattere non abbia potuto che seguire un corso tanto sfavorevole, sarebbe stato da individuare nel fatto che lo scrivente fosse più spirito che sangue, più fiore che radice, più capace di sciogliere, di infrangere e di tendere all’”infinito” che di dare forma.
In sé per sé, secondo il grafologo, ciò non avrebbe nulla di straordinario e indurrebbe a stabilire rapporti con numerose menti più o meno rivoluzionarie se non intervenissero tre componenti rare, che conferirebbero una notevole peculiarità all’ambito dell’anima da lui abbozzato.
Pur dipendendo più dallo spirito che dal sangue, lo scrivente seguirebbe incondizionatamente e irresistibilmente una necessità interiore; pur essendo più fiore che radice, nel primo si dispiegherebbe una fantasia possente e, pur essendo in termini vitali più capace di sciogliere che di dare forma, il portatore di quest’anima disporrebbe dal punto di vista artistico – cioè, per così dire, ai vertici della propria natura – della più potente forza formatrice.
Sommando questi elementi si ottiene un risultato singolare.
Lo scrivente non sarebbe un cosiddetto conoscitore della vita reale né un conoscitore di se stesso; nello scontro con il mondo esteriore, lo sconcerterebbe il fatto di trovarsi di volta in volta in balia di mutevoli irritazioni; gli mancherebbero – e questo fondamentalmente e per disposizione – equilibrio e armonia.
Egli sembra rifiutare ogni consuetudine e ogni regola a causa dell’incapacità di seguire impulsi diversi da quelli provenienti dal suo intimo e non in seguito a una critica concreta; eppure, con l’aiuto di una capacità combinatoria sorprendente, egli afferra e dà forma ai fantasmi che incessantemente affluiscono al suo spirito.
E, nella misura in cui tutto ciò non sia voluto ma necessario, Klages non si meraviglia se da un simile laboratorio siano usciti prodotti artisticamente incomparabili.
Lo scrivente possiede sensibilità vibrante, emotività e quel tipo di passione che opportunamente chiamiamo impulsività.
Alcuni suoi risultati possono dare l’impressione di forza di volontà, ma la vera e propria forza di volontà, capace di arrivare gradualmente a esiti analoghi senza ricorrere all’impulsività, gli mancherebbe quasi del tutto.
Eppure, qualora ne fosse stato dotato, risulterebbe difficile stabilire se sarebbe diventato artista, o non piuttosto, considerando la già svelata dipendenza del sangue dallo spirito, un uomo d’azione.
In quel caso, afferma Klages, avremmo dovuto cercarlo tra gli strateghi.
In effetti, qui è all’opera una forza combinatoria per così dire strategica, anche se soltanto in rapporto ai fantasmi che affluiscono, per questo, pur dotato di una tale forza combinatoria, non avrebbe trovato altra relazione con la vita di tutti i giorni se non il discostarsene amareggiato.
Nei confronti della quotidianità, dall’analisi del grafologo teutonico, emerge uno spirito da generale condannato alla più completa impotenza.
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