Figli di genitori narcisisti
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07/06/2017La violenza psicologica può avere molte forme
Le offese, le critiche, le accuse, la mancanza di rispetto, la svalutazione, la menzogna, i ricatti affettivi, il controllo della libertà personale: sono queste alcune delle forme con cui si manifesta la violenza psicologica. Conoscerle è già un primo passo per evitarle.
Violenza e abuso
La violenza psicologica è una forma sottile e insidiosa di maltrattamento che viene spesso sottovalutata perché non ha effetti evidenti come quelli della violenza fisica e resta in genere nascosta all’interno delle mura domestiche.
Talvolta le vittime stesse non la riconoscono come una forma di violenza, specie se si stabilisce come modalità relazionale all’interno della coppia o della famiglia. Rappresenta invece una delle più forti e distruttive espressioni manipolatorie di esercizio del potere e del controllo sulla persona, è un modo per marcarne la presunta inferiorità, per denigrala fino a farle perdere la coscienza del proprio valore.
Quasi sempre anticipa le altre forme di violenza e comunque è insita in tutte. A differenza della violenza fisica che lasciano lividi che guariscono in breve tempo, i segni della violenza psicologica si trascinano per anni, spesso per sempre.
La violenza psicologica viene agita soprattutto attraverso la comunicazione e lo scopo è la sottomissione mentale dell’altro. Può iniziare con battute svilenti, con un atteggiamento passivo-aggressivo fondato sul ricatto affettivo, la noncuranza, la privazione della privacy, dell’autonomia e della libertà di pensiero e di azione, che disorienta subdolamente la vittima.
L’aggressività latente che la contraddistingue si manifesta di frequente anche con silenzi punitivi, sguardi carichi di rancore e disprezzo, alternati a offese, minacce, umiliazioni e provocazioni volte a lederne l’autostima e a manipolarne i sensi di colpa. La persona viene così privata di ogni sicurezza, del proprio valore, resa vulnerabile ad altre forme di vittimizzazione e incapace di reagire.
È difficile riconoscere questa forma di violenza perché paralizza, provoca dolore e sofferenza emotiva, confonde la vittima che in questo modo rischia di non riconoscere l’aggressione subita, giustificando il proprio aggressore.
Spesso i persecutori alternano agli atteggiamenti prevaricatori a momenti affettuosi e di tenerezza, negando verbalmente i maltrattamenti attuati. Ma anche questa alternanza è di fatto una violenza psicologica.
Non bisogna dimenticare che le modalità manipolatorie possono verificarsi anche in una relazione positiva, equilibrata, senza arrivare a costituire un quadro patologico. Tali manipolazioni però risultano innocue se occasionali e soprattutto rinunciabili. In un contesto relazionale caratterizzato da reciprocità in genere non c’è sbilanciamento, il potere può essere gestito da entrambi.
È il carattere di continuità, ripetitività e unidirezionalità dei meccanismi manipolatori di abuso che ne caratterizza l’aspetto violento e patologico.
Le forme della violenza
Le forme sottili di maltrattamento possono passare per semplici commenti o frasi inoffensive. A volte si manifestano sotto forma di diffamazioni, umiliazione, ricatti o controllo. Questo tipo di aggressione può verificarsi all’interno della coppia, tra genitori e figli o persino in un rapporto di amicizia.
Ciò che generano nella vittima è la sensazione di non essere amate, di essere colpevoli per una determinata situazione o di non meritarsi la fiducia o il rispetto né proprio né degli altri.
La legge del silenzio
Quella conosciuta come “legge del silenzio” è una delle tipologie di maltrattamento più sottili e inosservate. È caratterizzata da una serie di azioni mirate a ignorare la vittima gradualmente, negandole la parola, fingendo di non vederla o non sentirla. Si tratta di un ricatto nascosto: l’indifferenza non cesserà finché la vittima non si piegherà ai desideri dell’aggressore.
La legge del silenzio mette in luce una grande immaturità emotiva e l’incapacità di comunicare da parte dell’aggressore. Le conseguenze per la vittima possono essere incredibilmente dannose.
Essere ignorati innesca sentimenti di paura, tristezza, ira e, soprattutto, molta angoscia. La vittima incolpa se stessa per la situazione, non capendo il motivo per cui viene trattata così.
Il gaslighting
La manipolazione psicologica maligna, o gaslighting per usare il termine americano, è una delle forme di violenza psicologica meno evidenti che esistano. Consiste nel tentativo da parte dell’aggressore di spingere la vittima a dubitare del proprio criterio, giudizio o, in generale, delle proprie percezioni e memoria.
L’aggressore lascia intendere che la vittima abbia inventato o esagerato alcune situazioni vissute, in modo più o meno consapevole, oppure che determinati fatti siano completamente diversi. Durante una discussione, la vittima inizierà a dubitare della propria posizione, diventando incerta se l’esperienza vissuta si sia davvero svolta nel modo in cui la ricorda. Questa situazione, ripetuta nel tempo, porta l’individuo a perdere totalmente fiducia in se stesso, diventando estremamente vulnerabile e manipolabile.
Le conseguenze di questo tipo di maltrattamento possono sfociare in forti sentimenti di dipendenza, sensazione di depersonalizzazione e perdita del controllo. Le vittime del gaslighting affermano spesso di avere la sensazione di esser diventate pazze o di star perdendo il controllo della loro vita.
L’iperprotezione
L’iperprotezione non ha niente a che vedere con una genuina voglia di proteggere. Al contrario, le eccessive cure nei confronti della vittima hanno lo scopo di limitarla, di privarla di autonomia. Trattasi di una vera e propria forma di negligenza genitoriale o relazionale nel caso delle relazioni tossiche.
L’iperprotezione può manifestarsi con l’incapacità del partner o del genitore di porre limiti chiari, con il divieto verso tutte le iniziative, desideri e progetti, impedendole di andare incontro a qualsiasi forma di realizzazione.
Le conseguenze di queste azioni generano nella vittima sentimenti di paura, dipendenza e bassa tolleranza alla frustrazione, andando a limitarla nella sua vita di tutti i giorni.
Il conflitto di lealtà
Il conflitto di lealtà è una sottile forma di maltrattamento psicologico che si manifesta principalmente nel caso di genitori separati. In questo scenario, i genitori separati lottano per far schierare il figlio dalla propria parte. Senza dimenticare che la lealtà nei confronti di un genitore implica la slealtà verso l’altro.
Può realizzarsi anche nelle relazioni tra partner, quando uno fa sì che amici e parenti si schierino dalla sua parte, ascoltando solo la sua versione dei fatti.
Le conseguenze di questa forma di aggressione si associano alla somatizzazione dell’ansia, che può compromettere seriamente la stabilità emotiva delle vittime.
Violenza economica
È ogni forma di controllo che minaccia l’autonomia economica della donna: impedirle di lavorare, metterla in difficoltà nel suo luogo di lavoro, oppure controllare le sue finanze, sottrarre i suoi beni, costringerla a firmare contratti senza spiegazioni, pretendere di decidere da solo sull’economia familiare tenendola all’oscuro di tutto.
La conseguenza di questa forma di violenza è la dipendenza materiale dall’uomo maltrattante, con difficoltà talvolta insormontabili da affrontare quando la donna decide di lasciarlo ma non ha le risorse per poterlo fare.
Il ciclo della violenza
Il ciclo della violenza si divide in tre fasi, che si ripetono ciclicamente nel corso di una relazione maltrattante:
Costruzione della tensione
È la prima delle tre fasi del ciclo della violenza. Spesso, in questa fase, la violenza non è agita in modo diretto ma attraverso parole e comportamenti che rivelano ostilità. Vengono usati:
- controllo
- isolamento
- umiliazioni
- minacce di usare la violenza fisica
Nella fase della tensione, il partner violento diventa nervoso e ha difficoltà a gestire la rabbia. È qui che la persona maltrattata può sentirsi come se stesse camminando sui gusci d’uovo. Mentre lui mostra distacco, la donna inizia a temere un abbandono e così, per scongiurare una crisi di coppia evita di contestare il proprio compagno od opporsi e asseconda ogni sua mossa, ogni suo volere.
Fase di maltrattamento
Alla prima fase segue quella dell’esplosione della violenza, che può essere sia fisica che psicologica, ma anche economica e sessuale. È una violenza graduale, che inizia con spintoni o schiaffi e che può degenerare anche nella violenza sessuale e nel femminicidio.
La seconda fase della teoria della violenza è, dunque, l’effettiva fase di esplosione in cui si verifica l’abuso fisico. Può durare da pochi minuti a diverse ore.
Fase della luna di miele
La tensione e la violenza spariscono, lasciando spazio a comportamenti di “riparazione, seduzione e scuse”. Sono usuali anche le minacce di suicidio. C’è poi lo scarico della responsabilità: spesso si attribuisce la causa della perdita di controllo a motivi esterni come il lavoro, una difficoltà economica, oppure al comportamento della donna (tattica del blame shifting).
Questa terza fase riporta la coppia alla situazione iniziale, così il ciclo della violenza si ripete. Nel ciclo della violenza domestica la fase del pentimento dura più a lungo nei primi episodi di violenza, e mano a mano che questi tendono a ripetersi la durata si abbrevia. Con il tempo, infatti, le fasi si susseguono sempre più velocemente, intensamente e frequentemente e anche le forme di violenza possono cambiare.
Come reagire
Per riuscire a reagire alla violenza psicologica è necessario tempo, forza e consapevolezza da parte della persona che la subisce. Il primo passo è sicuramente riconoscere di avere un problema e chiedere aiuto: a parenti, amici, professionisti. Chiedere aiuto non è mai sintomo di debolezza: anzi tutto il contrario! È sinonimo di coraggio e consapevolezza.
Vediamo più da vicino quali comportamenti potrebbero aiutarci ad uscire da una situazione di violenza psicologica:
- Ammettere il problema e affrontarlo: se c’è qualcosa che vi fa star male, avete un problema. L’accettazione è il primo passo alla soluzione del problema
- Chiedere aiuto: parlate del vostro problema con i vostri cari, amici e parenti perché vi possano essere di supporto, ma rivolgetevi soprattutto a un esperto del settore, perché vi possa seguire professionalmente nel vostro percorso
- Concentratevi su voi stessi, sui vostri desideri e bisogni. La violenza psicologica tende a sminuire, denigrare, umiliare le persone che la subiscono: ripartire da sé stessi dopo una violenza psicologica, è un modo per imparare a mettersi al centro del proprio mondo e stare bene. Si potrebbe pensare di creare una lista di desideri e progetti, per cercare di ripartire da questi.
- Migliorare l’autostima. Connesso al punto precedente, è importante ricordare quanto si è importanti e unici, e quanto ci meritiamo amore e serenità. Anche qui potrebbe essere utile stilare una lista di tutte le cose che si amano di sé stessi.
- Lasciare la persona e la situazione che fa star male. L’amore non fa star male: se qualcuno vi tratta male non vi ama, vi sta solo manipolando.
Reagire alla violenza psicologica non è facile, soprattutto quando sono coinvolti i sentimenti, ma è un passo necessario per ritrovare la serenità e la felicità. Imparare a chiedere aiuto e a riconoscere il problema è un passo fondamentale.
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10 Comments
E perché viene fatto tutto questo male ho un marito che me lo fa e incomincio ad aver paurs
No perda tempo cara Patrizia e non permetta più a suo marito di usarle violenza.
Mi contatti privatamente se vuole il mio aiuto, così potremo parlare liberamente rispettando la sua privacy.
Marilena
Ho scritto.um libro che racconta tutte queste realtà. Infinite vessazioni che porteranno finalmente alla ribellione. È una specie di riscatto delle donne e mi piacerebbe che qualcuno lo leggesse ma se non sei qualcuno non ti legge nessuno.
Ha già publicato il suo libro Cristina? altrimenti potrebbe farlo coi tanti siti che le danno la possibilità di fare l’auto-pubblicazione e di venderlo su tutti gli store del mondo, non solo italiani, in rete ce ne sono parecchi stranieri ed italiani, a lei la scelta.
Certo il lavoro di farne buona pubblicità e creare marketing per venderlo è un lavoro tutto sulle sue spalle ma si può fare, se vuole la posso aiutare in questi primi passi in modo da diventre una perdetta editrice e venditrice del suo libro, e vedrà che i risultati arriveranno.
Marilena
Pure io vivo un storie simile , ma cosa poso fare orimai o un figlio si 4 mesi e non mi permeto fare nientw
Si può sempre fare qualcosa, si deve reagire, la cosa sbagliata è non far nulla.
Se vuole parlarmene in privato via mail posso offrirle il mio aiuto.
mi contatti all’indirizzo info@marilenacremaschini.it così potrò comprendre meglio la sua situazione.
Marilena
La mia storia é ben diversa, lo sposato sperando che cambiasse invece no! Di più di ventitreanni vivo una storia assurda … ci sposiamo é inizia il mio incubo di alti e bassi… prima usa le mani poi violenza vera é propria psicologica … aspetto mia figlia nel 2014 tra lo stress lavorativo e quello suo di violenze sempre psicologiche …. continuiamo nasce mia figlia, lui si calma…. mia figlia si sveglia la notte, lui viene disturbato e la inizia a strattonare come fa tutt’ora che ha quasi quattro anni …. fino a poco fa mi ha fatto una scena che eravamo fuori a passeggio con la bimba, la bimba correva e l’abbiamo rimproverata lui é stato molto brutale urlando davanti a nn só quante persone c’erano e bestemmiava a più nn posso… io lo richiamato dicendogli che stava sbagliando e mi ha detto stai zitta che c’è ne anche per te!!! Nn so cosa fare? Sono da un anno disoccupata e nn onostante cerco lavoro per mantenere mia figlia é mandare a fanculo lui direttamente….ma al momento nn ho trovato nulla!!! Continua sempre ha dirmi che la colpa é mia anche per quanto riguarda la gestione famigliare dei soldi… comunque da oggi in poi nn uscirò più con lui e nn voglio avere più a che fare! Vi prego di aiutarmi
Mi dispiace Stefania per la tua situazione, l’unico consiglio che ti posso dare è quello di fare un percorso con me, per avere tutti i consigli utili per uscire da questa situazione e per riprenderti la tua vita, contattami via mail e ti fornirò tutti i dettagli con diverse possibilità di preventivo, in modo tale da venirti incontro il più possibile.
Aspetto una tua mail
Marilena
Queste donne vanno aiutate gratuitamente. In più ha spigato di non avere un lavoro
Se pensa che la violenza sia tipica ed esclusiva delle famiglie povere si sbaglia di grosso, vuol dire che non conosce il problema e manco ci è mai andato vicino (e sono pure convinta che se anche è venuto a conoscenza di qualche episodio non ha mai fatto nulla per salvare qualcuno, tipico delle persone come lei che accusano, giudicano e non fanno nulla se non puntare il dito verso gi altri) anzi è più facile trovarla nelle famiglie facoltose a cui non manca assolutamente nulla, e non credo che lei sia sia la persona adatta per giudicare l’obbligatorietà del lavoro gratuito degli altri: lei forse lavora gratuitamente? e che lavoro fa? quando tempo dedica alla settimana ad aiutare agli altri? chiunque essi siano?
Scommetto che già solo per non rispondere questo “opinionista dell’ultima ora” non si farà più risentire…
Peccato che ci siano sempre troppe persone disposte a parlare a sproposito e poche a darsi da fare realmente con delle azioni ed opere concrete per aiutare chi ha veramente bisogno.
Abbiate pazienza…
Marilena