Il riccio della flemma
09/10/2017Il riccio dell’ammanieramento
12/10/2017Il riccio dell’aggressività evidenzia aggressività e rabbia.
Questo segno è rappresentato da un tratto discendente o orizzontale che si accentua per lunghezza, uso della pressione ed ispessimento, tali fattori evidenziano il fatto che lo scrivente mentre li crea eccede con la pressione e l’energia della mano in quanto non riesce a controllare nervosismo, aggressività e tensione che lo caratterizzano.
I segni dell’aggressività
Il riccio dell’aggressività è contraddistinto da un tratto discendente od orizzontale che si ispessisce, che si ingrossa ed allunga al di là del tratto solitamente usato per realizzare le altre parti della lettera. Mentre vengono eseguiti questi tracciati lineari la mano non riesce a trattenere il gesto di nervosismo, di tensione, e realizza perciò dei tracciati che si distinguono dal tratto scrivente in generale.
Un esempio di riccio dell’aggressività lo si trova ben rappresentato nella scrittura qui sotto di Ernest Hemingway. Questo riccio è molto evidente in tutte le aste discendenti, che risultano ispessite ed ingrossate soprattutto nella parte finale, ed in generale nella parte del tracciato della lettera che discende verso il basso.
I segni dell’aggressività, e della rabbia in genere, appartengono a soggetti che hanno poco controllo della loro parte istintiva, quella parte caratteriale che è connessa agli impulsi aggressivi, ai pensieri di rabbia e di frustrazione. Essendo questi aspetti connessi agli istinti primordiali che non risultano perfettamente gestiti e controllati, i segni che riguardano l’aggressività prendono forma nella parte bassa e nei tratti che discendono.
Per il simbolismo spaziale la parte bassa rappresenta infatti tutto ciò che è collegato alla parte istintiva, materica (come appunto lo sfogo degli impulsi), siano essi negativi, come la brutalità appunto, o positivi.
Come il riccio della sessualità, anche il riccio dell’aggressività si sviluppa nei tratti che discendono, ma mentre il primo è prevalentemente rotondeggiante e formante delle asole e dei rigonfiamenti che rimandano ad una forma rotonda, il riccio dell’aggressività si manifesta nei tratti rigidi e lineari e che consentono una discesa verso il basso con un certo vigore. Infatti lo si riscontra prevalentemente nelle scritture Angolose.
Al di sotto del rigo di base, infatti, si entra nella cosiddetta area dell’Es, delle pulsioni appetitive, primitive, in un moto centripeto. È un tratto di avversività, di rabbia e opposizione, dai connotati “virili”, è il tratto di chi pesta il pugno sul tavolo, consiste infatti in una profusione di energia, un esercizio di forza, un’azione auto affermativa, di ribellione e di sfida contro qualcosa che non si accetta o per ottenere qualcosa a tutti i costi.
Le reazioni emotive, indipendentemente dai giudizi della coscienza, vanno nella direzione della meta che si desidera raggiungere, senza porsi alcun limite di coscienza, di colpa o di sorta, e il fallimento dell’impresa viene rifiutato a priori. Non può esistere il fallimento perché tali personaggi persisteranno sino a quando non hanno raggiunto il loro scopo, che il più delle volte è diretto a voler sfogare in un modo o nell’altro la rabbia non troppo repressa, nel voler far del male a qualcuno, consciamente od inconsciamente.
Il soggetto ha la tendenza ad imporsi per la conquista di cose materiali o persone, a superare ogni ostacolo pur di realizzare le proprie aspirazioni, e può reagire con la violenza se non le ottiene subito o per ottenere con la forza ciò di cui ha bisogno e non riesce ad ottenere diversamente.
Tende a formulare risposte inadeguate a fattori ed eventi stressanti per eccesso di reazione, manifesta scariche di collera sproporzionate rispetto alla causa scatenante, può avere reazioni incontrollate e irrazionali con obnubilamento almeno parziale del senso di responsabilità (si riscontra anche uno stretto Spazio Tra Parole).
Si è soliti distinguere una violenza fisica, portata sul corpo dell’altro con intenzione distruttiva, dalla una violenza morale, che va dal controllo al condizionamento, dall’influenza all’imposizione di credenze o valori e che può essere raggiunta senza l’uso della forza fisica ma con quella degli intenti.
Dal punto di vista psicologico la violenza è considerata come una figura dell’aggressività che si registra come reazione a vere o presunte ingiustizie subite, ma anche come tentativo di realizzare la propria personalità, o come incapacità di passare dal principio del piacere al principio di realtà, con conseguente intolleranza della frustrazione a seconda che il soggetto abbia come finalità quello di fare del male fine a se stesso, oppure per sublimare altre motivazioni che possono giustificare il gesto, pur non cambiando nulla sulla sua effettiva natura brutale e cattiva.
É enfatizzazione delle manifestazioni narcisistiche, di passionalità, ammirazione per il potere e la durezza di carattere, tendenze distruttive e ciniche, pretesa di consenso, espressioni di comando che incutono timore.
Spesso l’incutere timore e mettere soggezione è il metodo utilizzato da tali persone per far vivere male coloro che gli stanno intorno: egli si ciba della loro sofferenza, della loro ansia e disagio, sicuramente facente parte di un processo compensativo per le frustrazioni subite nell’infanzia o in gioventù.
Esempi di scritture
Vi sono alcuni personaggi famosi noti per le loro qualità artistiche ma anche per il loro temperamento ed il loro carattere duro ed aggressivo, spesso manifestato con degli scatti d’ira repentini ed immotivati, comunque espressi con cattiveria verso la vittima di turno.
Un esempio di questi ricci lo troviamo sicuramente nella scrittura di Charlie Chaplin. Le aste eseguite nel senso orizzontale e verso il basso denotano maggiore pressione che ispessisce il tratto, che lo allunga ed ingrossa. Nel cerchietto viene evidenziato addirittura creato a fine tratto, tipico segno di una rabbia mal trattenuta.
Anche la scrittura di Ernest Hemingway è un bell’esempio del riccio in questione.
I ricci della brutalità morbosa
Esistono anche dei ricci della brutalità morbosa i cui tratti premuti ed ispessiti, con una pressione forte e vistosa, scendono verticalmente verso il basso al di sotto del rigo di base, come gli altri ricci, ma terminando in maniera diversa.
Se il riccio dell’aggressività “normale” termina con una certa pressione ed ingrossatura del tratto, la parte finale del tratto sarà sicuramente grossa ed ingrossata o addirittura più evidente nella parte finale del tratto.
Il segno che contraddistingue invece il riccio della brutalità morbosa invece è l’assottigliamento del tratto, che comunque si presenta allungato in modo eccessivo, ma che ad un certo punto si alleggerisce verso la fine sino a scomparire del tutto, in pratica è come se finisse con una punta, come uno stiletto od un punteruolo.
Un personaggio la cui scrittura evidenziava tali tipi di ricci, dimostrata anche dalla morbosità delle sua azioni sadiche e cruente, è sicuramente la scrittura di Peter Kürten, un serial killer noto come il “vampiro di Düsseldorf”, di cui riporto l’immagine di un suo scritto.
Come si può notare, a differenza delle aste grosse ed ingrossate delle scritture di Chaplin ed Hemingway, valutata la dimensione del calibro minuto della scrittura, le lettere che discendono verso il basso sono piuttosto evidenti in quanto sproporzionate, ma il tratto finale non si ingrossa anzi si assottiglia sino a scomparire del tutto.
É come se l’aggressività dello scrivente venisse mascherata, trattenuta, per diventare qualcosa di più mentale e potente nella sua manifestazione. Un’aggressività trattenuta è sempre più dirompente quando si manifesta perché esplode tutta in un colpo con effetti deleteri per chiunque la incontri.
Ma un’altra scrittura mette meglio in evidenza questo segno: una scrittura che ho personalmente acquisito durante uno studio eseguito nel carcere di Opera, Milano, di un detenuto in carcere per rapina:
Come si può notare tutte le lettere cerchiate in rosso hanno un tratto discendente che termina “a punta”, il caratteristico segno del riccio della brutalità morbosa.
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