Il riccio della sobrietà
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09/10/2017Il riccio della spavalderia è un tratto di pura apparenza.
Lo spavaldo è colui che ostenta sicurezza, superbia, onnipotenza; sopravvaluta se stesso come metodo per convincere gli altri che sia effettivamente così, in realtà è una persona con un “IO soggettivo” molto debole e fragile che necessita di un paravento dietro il quale nascondere tutta la sua fragilità ed incapacità.
La spavalderia
Come nella vita, lo spavaldo scrive nello stesso identico modo: manipolando la realtà e rendendola artificiosa, con abbellimenti, evoluzioni dei tratti fatti in modo eccessivo, esagerazioni dell’ego rappresentato da un calibro dello scritto eccessivo, grande o molto grande, se non addirittura esagerato oltre limite. Un tipico esempio lo si può trovare nella scrittura qui sotto.
In questa scrittura tutti gli allunghi superiori sono eccessivi, e questo di per sé non identifica il riccio in esame, ma la creazione di alcune lettere nella parte superiore vengono costruite con dei ganci in modo da invadere completamente l’area soprastante.
Nella maggior parte dei casi il riccio della spavalderia viene realizzato con degli svolazzi del gesto, con delle finali di lettera che volano nell’area soprastante creando dei gesti captativi di pensieri ed idee (che per il simbolismo spaziale si trova appunto nella parte superiore), come nella scrittura qui sotto.
La spavalderia è un aspetto psicologico fondato su una autoconvinzione di una certa superiorità che trova fondamento in pensieri e idee, atteggiamenti e pregiudizi, che appartengono alla sfera dei pensieri, da qui il fatto che i ricci di questo tipo si sviluppano soltanto nella parte alta della scrittura.
É l’Io psichico che si inalbera, che raggiunge livelli di onnipotenza, di saggezza assoluta, di impossibilità di cadere nell’errore o di essere nel torto. L’orgoglio che sorregge lo spavaldo e che lo sostiene non gli permette alcun confronto con gli altri perché un confronto significherebbe misurarsi con gli altri, confrontarsi, mettersi alla prova, ciò che lo spavaldo evita in ogni modo perché consapevole della sua insicurezza.
Il riccio della spavalderia
La parte alta, quella che si crea sopra la scrittura, è la zona del pensiero e dell’ideazione, la forza dello spavaldo sta proprio nelle sue convinzioni non nei fatti concreti; la parte sinistra rappresenta la propria famiglia, il ristretto cerchio dei conoscenti, l’ambiente che ci circonda, l’ambiente di cui lo spavaldo ha bisogno e da cui trae l’ammirazione di cui ha bisogno, ecco perché le evoluzioni del riccio della spavalderia nella maggior parte dei casi ritornano a sinistra inglobando aria in quella zona. Come nelle scritture che seguono.
Il tratto si piega sopra le lettere e non può smorzarsi in linea retta perché il riccio della spavalderia non tende all’isolamento ma alla socialità: lo spavaldo ha assolutamente bisogno degli altri e del loro plauso, della considerazione e della stima degli altri, senza il loro giudizio più che positivo sarebbe privo del sostegno vitale su cui si erge.
Il gesto fuggitivo dello spavaldo nel suo incesso è piuttosto tracotante, l’occhio ha un’impronta di protervia, tende a guardare dall’alto in basso coloro che ritiene essere inferiori; tende a soverchiare gli uguali, ad agire alla chetichella coi superiori, ad attaccarsi tra i superiori e quelli più forti o favoriti dalla sorte, ed abusa e maltratta i più deboli e si compiace della loro sofferenza e del loro disagio.
Le persone spavalde si notano immediatamente ed altrettanto immediatamente si detestano il più delle volte con buoni motivi, perché spesso non fanno nulla di buono ma dedicano la loro esistenza alla prevaricazione degli altri, per loro disprezzo e abuso quando vi è opportunità, dimenticandosi di ringraziare e se lo fanno è perché devono chiedere dell’altro.
Il loro modo di fare è sempre dominato dall’esigenza di padroneggiare sugli altri con metodi dittatoriali, cattivi e spesso crudeli, con chi ovviamente glielo concede. Tutti i suoi gesti sono esterni, volti a dimostrare un qualcosa, e non vengono mai dall’intimo, l’intimo è infatti una realtà completamente diversa ed è fatta di dolore, di sofferenza, di disagio, di senso di inadeguatezza (forse il disagio più forte che hanno provato nella loro vita e che con la spavalderia cercano di compensare).
I ricci della Spavalderia vengono definiti gesti fuggitivi tra i più eccessivi, sono gesti che non rivelano la disposizione interiore e che quindi scaturiscono da irriflessione, irruenza a fatica trattenuta, pertanto molto spontanei e facilmente visibili nella scrittura (anche per la loro dimensione). Sono gesti che hanno le modalità della generosità, della promessa di interessamento senza l’intento di mantenere, se promettono o fanno complimenti non aspettatevi che siano sinceri e disinteressati.
Gli spavaldi adorano minacciare i loro sottoposti o le persone più deboli e godono del senso di paura che instaurano sia nell’ambiente famigliare che professionale, questo perché la paura rappresenta la misura della loro forza e del loro potere sugli altri, unico strumento per loro valido per misurare le loro potenzialità.
Come si sviluppa il riccio
Come tutti i ricci grafologici sono dei gesti fuggevoli, una fuga di energia verso l’esterno, accidentale espressione del malessere interiore, essi di solito si trovano all’inizio o fine parola, ma spesso si evincono anche all’interno della parola stessa.
Il riccio della spavalderia si evidenzia attraverso un prolungamento verso l’alto, proprio come il pensiero spavaldo, scrittura tendente ad avere un’inclinazione del tipo Rovesciata verso sinistra per la diffidenza verso il prossimo (infatti la rovesciata è una scrittura che si ritrae verso l’indietro) ed il desiderio di non avere un reale confronto con l’altro.
La lettera che più caratterizza tale riccio è la lettera “V” perché consente al gesto finale di volare verso l’alto, superando spesso in altezza tutte le altre lettere.
Quando il riccio della spavalderia è presente nella scrittura con una certa intensità significa che nel soggetto c’è addirittura una componente aggressiva, di nervosismo eccessivo, che spesso si trasforma in attacchi d’ira immotivati (ma motivati dalla sua sensazione di debolezza che in un qualche modo ha avvertito e che viene scaricata immediatamente su tutti gli altri).
Eccessi di aggressività che fatica a tenere a bada e che si manifestano in atteggiamenti di forte collera, disprezzo e odio rivolto al malcapitato di turno, veri e propri momenti di delirio di onnipotenza. In tali casi saranno presenti anche i ricci dell’aggressività.
Nell’ambito lavorativo lo spavaldo ordina e comanda in maniera imperiosa, rude, antipatico e dispotico da vero tiranno, spesso aggressivo ed offensivo coi più deboli o con coloro che sa che non si ribelleranno, con loro diventa sempre più cattivo ed offensivo senza limiti.
Non ha il minimo rispetto né considerazione verso i collaboratori, superiori o sottoposti, che considera dei puri idioti, né tanto meno ha la volontà di coinvolgerli e responsabilizzarli perché un atteggiamento del genere comporterebbe un confronto che smonterebbe subito il suo castello di carta e di illusioni.
Non approfondisce mai quello che fanno gli altri, sia all’interno che all’esterno del suo ambiente lavorativo, perché parte dal presupposto che l’avrebbe fatto meglio ed in meno tempo. Nell’affettività il rapporto con il partner non è paritario ma sbilanciato a suo favore, sia nelle scelte che nelle priorità che sono sempre e solo le sue, sia nella richiesta di riconoscimenti che di gratificazioni. Nella maggior parte dei casi hanno tratti narcisistici.
Non è una persona facile con cui relazionarsi, e può veramente attaccarsi ad una persona solo quando avverte un gran senso di solitudine e di abbandono, allora l’altro diventa lo strumento per allontanare tali pensieri ma di fatto è incapace di amare gli altri come ama se stesso.
La scrittura di Garibaldi
Un tipico esempio di scrittura con ricci della spavalderia è sicuramente quella di Giuseppe Garibaldi. Come si può ben notare nell’immagine qui sotto le lettere “T” vengono fatte in modo da catturare ed inglobare tutto lo spazio soprastante la parola per poi terminare con un tratto lanciato verso destra. Qui il riccio della spavalderia si aggiunge a quello dell’aggressività.
Il doppio riccio, dell’aggressività e della spavalderia, si notano bene anche in un’altra lettera sempre di Giuseppe Garibaldi.
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