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17/02/2023Il ricatto affettivo è una forma di manipolazione.
Attraverso il ricatto una persona cerca di fare leva su fattori emotivi e sentimentali per influenzare le azioni e il comportamento di qualcun altro, senza che questi se ne renda conto apertamente. Queste forme di ricatto affettivo hanno delle caratteristiche particolari che possono essere riconosciute per essere evitare o limitate, in modo da poter rompere questa dinamica tossica.
Ricatto e manipolazione
Il ricatto affettivo è una forma di manipolazione psicologica e affettiva, nella quale si utilizzano le emozioni e i sentimenti di una persona allo scopo di controllarla e ottenere ciò che si vuole. Questo tipo di manipolazione comprende tutte quelle modalità comunicative attraverso cui qualcuno cerca di influenzare le azioni di un altro, facendo leva su fattori emotivi, senza che l’altro se ne accorga nemmeno.
In una dinamica di ricatto emotivo sono coinvolte almeno 2 persone:
- Un ricattatore o manipolatore, che è la persona che manipola
- Un ricattato o vittima, che è la persona che viene manipolata e i cui diritti vengono violati.
Il ricatto affettivo si instaura all’interno di relazioni affettive, come il rapporto di coppia o il rapporto genitore-figlio. Tipicamente, il ricattatore rivolge alla vittima delle richieste e delle minacce, facendo leva su paura dell’abbandono, senso di colpa, senso del dovere e qualsiasi altra fragilità e vulnerabilità contraddistingua la vittima.
Quella del ricatto emotivo è un’arte subdola. Il linguaggio della persona che ricatta è identificabile, in quanto presenta dei tratti specifici. Frasi tipiche di un ricatto emotivo sono “Se non fai questo io sto male” oppure “Lo dico per il tuo bene”. Utilizzare ripetutamente questo tipo di comunicazione, fa sì che si generi un gran senso di colpa nell’altro.
In questo modo, la vittima, manipolata e spesso impaurita o angosciata, si sente “obbligata” a fare ciò che il ricattatore desidera, a spese del proprio benessere. La paura e il senso di colpa giocano dei ruoli fondamentali nella “riuscita” del ricatto, con conseguenze devastanti per la vittima, a livello mentale ma anche fisico-psicosomatico.
Le richieste possono essere di entità più o meno grande, più o meno dirette, più o meno esplicite e relative a cose più o meno rilevanti, ma ciò che caratterizza il ricatto affettivo sono le modalità con cui tali richieste vengono presentate. Inoltre, le richieste comportano sempre un costo per la vittima, che sia emotivo, psicologico o pratico.
La vittima, generalmente, all’inizio tenta di resistere alle richieste, ma di fronte alla resistenza il ricattatore esercita ancora più pressione, perché finisca col cedere. Uno dei modi più tipici di esercitare questa pressione è la minaccia, più o meno sottile, delle conseguenze del rifiuto. In generale, la vittima sperimenta una serie di emozioni confuse e poi cede al ricatto.
In alcuni casi, la minaccia può venire interpretata dalla vittima come “normale”, o “inevitabile”, o “logica conseguenza”, perché è abituata alla dinamica manipolatrice di una relazione dove il ricatto affettivo è la norma. Alcuni autori definiscono questa situazione “sindrome del ricatto morale”, riferendosi a quelle modalità relazionali distruttive dove il ricatto si verifica di continuo e la sottomissione del bersaglio del ricatto è essenziale per mantenere la stabilità della relazione
Le fasi del ricatto
Nel ricatto emotivo si riconoscono 6 passaggi tipici:
- La pretesa: il ricattatore esige qualcosa
- Il rifiuto: la vittima resiste alla richiesta
- La pressione: il ricattatore ricorre alla colpa, al silenzio punitivo o ad altre strategie perché la vittima cambi idea
- La minaccia: il ricattatore utilizza la minaccia per far cedere l’altro
- La capitolazione: la vittima accetta e addirittura pensa che non avrebbe dovuto rifiutare
- La ripetizione: gli step precedenti si ripetono ciclicamente e si innesca un circolo vizioso.
In alcuni casi le persone che fanno ricatti emotivi non ne hanno un’intenzione cosciente. Sono persone insicure, con bassa autostima e che temono il rifiuto. Mettendo in atto la strategia del ricatto, cercano di colmare un vuoto interiore o esprimere dei bisogni, nella speranza di ricevere conferme esterne del loro valore.
Molte volte si tratta di persone vittime di deprivazioni affettive durante l’infanzia o cresciute in ambienti iper-protettivi.
Tipi di ricattatori
Tra le personalità che si avvalgono del ricatto emotivo più frequentemente vi sono il narcisista patologico e la personalità borderline.
Si descrivono 4 tipi di ricattatori affettivi, che impiegano strategie diverse nel ricatto:
- Ricattatore punitivo o vendicativo: Con intenzioni chiare, minaccia la vittima di subire ritorsioni e serie conseguenze se la richiesta non viene accettata. Esempi sono “se divorzi da me, non rivedrai mai più i bambini”, o “Se accetterai quel lavoro, ti lascerò”.
- Ricattatore autopunitivo: Mette in atto una strategia più subdola, che si caratterizza per la minaccia di danni a sé stesso, facendo leva sul senso di colpa o senso del dovere della vittima. In questo tipo di ricatto, il ricattatore assume il ruolo di martire, e la vittima si sente responsabile. Esempi sono “Se te ne vai, mi ucciderò” o “Se accetterai quel lavoro, entrerò in depressione”.
- Ricattatore seduttore o tentatore: Offre aiuto e incoraggia la vittima inizialmente, ma pone condizioni in seguito, facendo leva sul senso di dovere. È la categoria più subdola in quanto, dopo aver promesso cose positive, minaccia la vittima di non ricevere nulla se non farà quanto richiesto. Un esempio è “Non puoi fare quello che vuoi dopo che ho rinunciato a tutto per te, d’ora in poi non sarà più così!”.
- Ricattatore sofferente o per bisogno: Senza esprimere in modo chiaro le proprie necessità, si aspetta che l’altro le indovini, e, in più, lo colpevolizza. Fa apparire i suoi bisogni come ovvi e basilari e l’altro si sente male per non riuscire a soddisfarli. Inoltre, questi bisogni sono “infiniti” e così il ricattatore piange sempre miseria. Di solito non fa minacce esplicite ma informa la vittima che è colpa sua se sta soffrendo. Un esempio è: “Domani tu esci con le tue amiche e io starò male qui da solo”.
In tutti e quattro questi casi, l’arma principale che il ricattatore usa è costituita dalle emozioni della vittima, la quale generalmente finisce per cedere al ricatto.
Strategie di ricatto
I ricattatori affettivi possono mettere in atto numerose strategie per prendere in ostaggio la mente della vittima. Ecco le principali:
- Abuso verbale: È la forma di ricatto emotivo più comune, e anche più diretta, in cui il ricattatore usa parole offensive e minacce per costringere la vittima a sottomettersi e a obbedire.
- Gaslighting: Il gaslighting è un tipo di ricatto emotivo frequente, ma è così sottile e subdolo che è difficile da identificare. Consiste nel fare ripetutamente commenti che distorcono la realtà, in modo che l’altro dubiti della realtà delle situazioni, delle proprie capacità di comprensione e persino della propria sanità mentale. Esempi sono: “sei delirante”, “hai bisogno di aiuto psicologico” o “sei paranoico”. Spesso il ricattatore inventa falsi ricordi con i quali incolpare la vittima, che finisce per convincersi di ciò che gli è stato detto. Lo scopo è distorcere la realtà al punto che la vittima non capisca cosa stia succedendo, e “in fiducia”, faccia ciò che il ricattatore vuole.
- Distorsione: Il ricattatore convince la vittima che deve adattarsi ai suoi bisogni, facendola sentire colpevole se non lo fa.
- Tabù: Il ricattatore crea un tabù intorno a certi argomenti, in modo che la vittima non possa esprimere i suoi sentimenti. Questa si sentirà emotivamente isolata e condannata a tenersi per sé il suo dolore.
- Sacrificio: Qui viene fatta leva sui sacrifici fatti per la vittima, esagerandoli, in modo che questa si senta impotente, colpevole e inutile. La transazione è una strategia molto simile, in cui il manipolatore fa pesare alla vittima i favori passati in modo che non possa rifiutare le richieste attuali.
- Luna di miele: Strategia che implica un temporaneo cambiamento nel comportamento in modo che la relazione appaia migliorata. Tuttavia, appena la vittima abbassa la guardia, il manipolatore torna alle vecchie abitudini.
- Controllo protettivo: Strategia tipica delle relazioni madre-figlio e di quelle di coppia, dove il ricattatore si presenta come protettore o benefattore dell’altro, nell’intento di controllare totalmente la vittima. È difficile da riconoscere perché le vere intenzioni del ricattatore si nascondono dietro un’apparente preoccupazione. Qualsiasi resistenza viene dipinta come ingratitudine, in modo che la vittima si senta in colpa persino per piccoli momenti di piacere (per esempio, dedicarsi a un hobby). Questa strategia implica sentimenti di gelosia, e si crea una dipendenza emotiva nella vittima, che finisce per isolarsi da amici e familiari.
Esistono molti altri metodi utilizzati per ricattare emotivamente qualcuno, per esempio le interpretazioni tendenziose che travisano le parole e il comportamento della vittima, le etichette che attribuiscono caratteristiche negative alla vittima (come “cattiva” o “inadeguata”), i paragoni negativi che creano un segno di vergogna, e le alleanze strategiche con cui vengono coinvolte altre persone per convincere la vittima a fare qualcosa.
Tutte queste tattiche manipolative implicano un controllo emotivo coercitivo sulla vittima, minandone l’autostima e creando grande sofferenza.
Riconoscere un ricatto
Esistono dei comportamenti tipici del ricattatore emotivo, che possono essere ricercati per identificarlo. Ecco i principali:
- Fa richieste sproporzionate e ripetute, come se volesse sempre di più e non fosse mai soddisfatto, indipendente da quanto riceva
- Conosce bene la vittima e non esita a toccare le sue debolezze per ottenere qualcosa
- Sa del valore che la vittima dà alla relazione e lo sfrutta per minacciarla continuamente, direttamente o indirettamente, per esempio esagerando le conseguenze di una decisione “sbagliata”
- Distorce le parole e la realtà dei fatti, al punto da convincere la vittima di cose che non sono vere
- Fa promesse di cambiamento e altre promesse generose, ma il cambiamento, o la cosa che è stata promessa, non arriva mai, se non per brevi momenti
- Si vittimizza per fare sentire in colpa l’altro
- Espone le “conseguenze” o le punizioni delle azioni dell’altro (per esempio “se non lo fai non ti parlerò più”), in modo da far sentire l’altro impaurito o in colpa e così ottenere ciò che vuole
- Loda la vittima quando si arrende al ricatto, e la definisce insensibile ed egoista quando non lo fa.
Il risultato di tutti i suoi comportamenti è che la vittima si sente confusa, disorientata e psicologicamente distrutta, perché sa che c’è qualcosa che non va ma, per la manipolazione, si convince che è lei che sta “sbagliando”.
Come difendersi
Anche se non è facile, uscire dalla dinamica di ricatto affettivo è fondamentale.
È stato realizzato uno studio, condotto su 357 studentesse universitarie presso l’Università applicata di Al-Balqaa in Giordania, proprio per spiegare l’importanza di difendersi dal ricatto affettivo. In particolare, è stato valutato l’impatto del ricatto emotivo sull’adattamento al contesto accademico tramite un questionario con 28 domande sulla scala dell’abuso emotivo.
I risultati hanno mostrato che esiste una forte correlazione inversa tra il ricatto emotivo e l’adattamento universitario, cioè, che la paura, l’obbligo e il senso di colpa influenzano negativamente l’adattamento delle studentesse allo studio.
Questo sottolinea l’importanza di saper riconoscere il ricatto affettivo, per potersi difendere e preservare il benessere personale in vari aspetti della vita.
Il primo passo per difendersi da un ricatto affettivo è la presa di coscienza, cioè, riconoscere quello che sta accadendo.
È necessario porre un freno di fronte a un ricatto. Per gestirlo, la responsabilità personale è chiave: possiamo cedere o resistere a un ricatto. Stabilire dei limiti, smettere di incolparsi, difendere ciò che non è negoziabile, e imparare a dire di no sono punti fondamentali per mantenere l’integrità personale e l’autostima.
Altrettanto importante è sviluppare l’assertività, cioè una comunicazione in cui esprimersi liberamente, con un atteggiamento positivo e rispettoso, senza aggressività. Nella comunicazione assertiva si tengono in conto le proprie emozioni e anche il punto di vista dell’altro, ma al tempo stesso non ci si difende, non si chiede scusa e soprattutto non ci si arrende al ricatto.
Se senti che c’è qualcosa che non va in una tua relazione, cerca di ascoltare le tue emozioni e agire per ritrovare il benessere. In particolare, chiediti se ti senti “incastrato/a” in una modalità relazionale disfunzionale.
Rifletti su ciò che la relazione ti ha dato, ma anche su ciò che ti ha tolto e su come ti ha trasformato. Cerca di fare un bilancio e fai la cosa giusta per te, guardando in faccia la realtà. Non aspettare oltre, decidi di smettere di farti sopraffare e trova il coraggio di uscire dalla relazione, senza entrare in pensieri che ti auto-sminuiscono come “da solo non posso farcela”.
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